L’argomento ‘sicurezza’ rappresenta un tema delicato e non privo di false credenze quando si parla di robotica.
Oggi analizziamo alcuni aspetti chiave legati alla riduzione degli infortuni con l’implementazione dei cobot. Prima però (ri)facciamo una breve considerazione: esiste una differenza sostanziale fra robot industriali tradizionali e collaborativi, ovvero i primi operano relegati in spazi delimitati per poter garantire la sicurezza dei lavoratori. I cobot invece non richiedono di essere “chiusi in gabbia” perché, a differenza dei robot industriali, nascono per lavorare al fianco delle persone e fornire l’automazione anche per la sicurezza.
Oltre a salvaguardare i colleghi umani durante il lavoro a “quattro mani” (anche se sarebbe più corretto dire “a tre braccia”…..) i cobot possono rendere più sicuri gli ambienti di lavoro poiché si appropriano di tutte quelle mansioni ripetitive e a rischio. Ecco cosa andiamo ad analizzare nel blog di oggi:
- Infortuni, dolori muscolari, compiti ripetitivi
- Lavoro collaborativo
- Sensibilità dei cobot
- L’automazione che riduce gli infortuni (e non ruba il lavoro)
Infortuni, dolori muscolari, compiti ripetitivi
Non è uno slogan da pubblicità ma la realtà di tutti coloro che operano lungo le più svariate linee di produzione o nella logistica. In questo contesto i modelli di processo sono più tradizionali e prevedono la quasi esclusiva presenza umana. Troviamo quindi operatori che trasportano materiale, lo sollevano lo depositano come anche si occupano di asservire macchine (link blog Asservimento macchine: come i cobot stanno trasformando l’automazione industriale) e così via. Si tratta di compiti che non hanno grosse variazioni nel loro iter quindi alla lunga diventano noiosi ripetitivi e poco gratificanti. Lo spostamento di materiale poi è un lavoro che a volte può essere pesante e nel tempo contribuire in modo particolare nel fare insorgere patologie fisiche anche croniche. In più, negli ambienti produttivi altamente dinamici vi è conseguentemente una probabilità di infortunio più elevata. Abbiamo brevemente analizzato tre aspetti che possono influire non poco su efficienza produttiva, qualità di prodotto e degli ambienti e, più alla lunga, sul potere attrattivo e di ritenzione del personale da parte dell’azienda. Per farla breve tutto questo può rappresentare un costo nascosto e molto variabile.
Lavoro collaborativo
La collaborazione, quando non presenta colli di bottiglia o problematiche, porta sempre risultati. Ciò è valido non solo fra persone ma anche fra uomo e robot. Probabilmente più che di collaborazione è più corretto parlare di una nuova ripartizione dei compiti: come si può notare in moltissimi esempi (link a case), i robot collaborativi sono stati destinati ad assolvere lavori ripetitivi e a rischio. Nello svolgere queste mansioni però i cobot non restano “isolati” come i robot industriali, e quindi danno la possibilità valorizzare la loro natura di collaborazione. Ecco che i colleghi umani non restano senza occupazione, anzi, possono ricoprire nuovi incarichi come ad esempio la supervisione dei processi come anche l’ottimizzazione e, perché no, contribuire a disegnare flussi produttivi ottimizzati. In sostanza, quando diciamo (e ne siamo convinti) che “i cobot non portano via il lavoro a nessuno”, lo diciamo con cognizione di causa poiché sappiamo bene che un cobot non sarà mai in grado di avere la visione d’insieme, l’intuizione, la creatività e la risoluzione dei problemi di cui è dotato un collega umano.
Sensibilità dei cobot
La collaborazione con l’uomo richiede al cobot un livello di sicurezza elevato. Colleghi umani e robot, lavorano a stretto contatto, pertanto è necessario garantire che in qualunque situazione non si presenti il rischio di collisione oppure di eventuali infortuni dovuti a un mancato arresto da parte del robot. Cosa si cela dietro questa sicurezza? Senza dubbio i cobot possiedono un’alta sensibilità nel rilevare e valutare le situazioni e i rischi e per poter reagire correttamente, devono impiegare tempi brevissimi.
Per rilevare un potenziale rischio, durante il loro normale funzionamento, i cobot prendono in considerazione fattori “propri” come:
- Movimento
- Velocità
- Forza applicata
Questi dati sono essenziali poiché devono essere affiancati ad altre informazioni che provengono dal rilevamento dell’ambiente circostante come ad esempio la presenza umana, ravvicinata o meno ma anche in movimento/avvicinamento. Ciò vale anche per gli oggetti che possono trovarsi nelle immediate vicinanze, ad esempio quando i cobot vengono impiegati nella pallettizzazione e si trovano ad operare all’interno di spazi limitati dove compiono movimenti di precisione durante l’impilaggio dei colli.
L’approccio dei cobot alla sicurezza (oggi siamo andati leggeri con l’analisi di questo aspetto) consente quindi di operare al fianco dei colleghi umani e di valorizzarne le capacità. Un ambiente produttivo a bassissimo rischio di infortunio contribuisce a rendere più fertile il terreno dell’innovazione in cui far germogliare il seme dei nuovi modelli produttivi.
L’automazione che riduce gli infortuni (e non ruba il lavoro)
Tanti ne abbiamo raccontati e altrettanti ne racconteremo con piacere. Gli esempi che, attraverso i cobot, hanno ridotto drasticamente il numero di infortuni, mostrano in prima battuta il primo passo fondamentale. Potremmo chiamarlo ‘demansionamento’ ma è una brutta parola….. quindi preferiamo utilizzare ‘dispensa’ dalla mansione; ciò che il robot collaborativo offre al collega umano è la dispensa.
Dispensa dal movimentare carichi pesanti, semilavorati caldi o taglienti, eseguire movimenti innaturali….. Una dispensa che come possiamo vedere non comprende soltanto i compiti a rischio ferimento ma anche quelli “che si pagano nel tempo” ovvero: