UNA COLLABORATIVA...RIVALITA’
«Fra i ballerini e il robot si è subito instaurata una sorta di rivalità» mi confessa Ariella. «Il robot è semplicemente perfetto. La sua perfetta ripetizione di movimenti programmati ha spinto i ballerini a innalzare la propria performance, a migliorarsi».
Credo che da questo inciso si possano derivare due insegnamenti preziosi.
Il primo: ci sono attività che i robot possono fare meglio di noi perché sono progettati per garantire una precisione e una ripetibilità che l’essere umano non è in grado di esprimere. La danza (e l’arte in generale) non sono solo precisione e ripetibilità, ovviamente. Ma l’intento di Hu Robot non è quello di dimostrare che un robot possa danzare meglio di un ballerino, quanto che dalla loro collaborazione possa nascere un senso diverso, con un valore intrinseco.
Il secondo è che i cobot hanno un effetto positivo sul lavoro delle persone. Se sul palco di Hu Robot sono state l’emulazione e la spinta competitiva con UR10 a innalzare la performance dei ballerini, nelle fabbriche i cobot qualificano il lavoro degli operatori permettendo loro di applicarsi in attività in cui esprimere il meglio delle loro qualità “umane”.
DA HAL9000 ALL’UR10, UNA QUESTIONE DI FIDUCIA
L’evoluzione tecnologica che ha accompagnato i cobot negli ultimi 10 anni, ovvero il percorso che li ha resi sempre più sicuri, flessibili, efficienti e in grado di operare a distanze sempre minori rispetto all’uomo, è stato un cammino di acquisizione di fiducia. I cobot, a differenza di altre apparecchiature di automazione, non trasmettono un senso di straniamento e alienazione, non spaventano né mettono a disagio (come il freddo e algido HAL9000 di “2001: Odissea nello spazio”).
Sul palco di Hu Robot si è concretizzato ancora una volta questo cambio di paradigma: attorno a UR10 non vi erano operatori industriali abituati al contatto con l’automazione, ma artisti. Al di là del timore iniziale, tramutatosi presto in collaborazione, non vi è stato scontro fra lato umano e lato tecnologico, ma anzi collaborazione, incontro, dialogo.
Questo credo sia uno dei portati più preziosi della robotica collaborativa. I cobot sono dei veri e propri “mediatori culturali”, perché – pur essendo ritrovati tecnologici altamente sviluppati – sono comprensibili a chiunque e consentono alle imprese di affacciarsi all’automazione con facilità.
È infine importante che la conoscenza della robotica collaborativa si stia diffondendo. Anche se i cobot sono strumenti nati per la produzione e la manifattura, possibilità di impiego che esulino dai classici layout industriali, come quella offerta da Hu Robot, contribuiscono a disseminare consapevolezza e a rendere avvezzi alla nuova tecnologia un numero sempre maggiore di persone.
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